Shanghai Fashion, tutta on line

La Shanghai Fashion Week vola col digitale: l’inizio di una nuova era? 2,5 Milioni di visualizzazioni in tre ore. In futuro sicuramente la componente digitale sarà più forte soprattutto per le grandi griffe.
Redazione 

Ad aprire la strada alle sfilate virtuali, di cui tanto si dibatte in questi giorni, è stata a fine marzo la Shanghai Fashion Week: uno degli eventi moda globali più significativi, vista l’importanza del mercato cinese per il settore, con un’offerta trasversale, dai marchi high-end, locali e internazionali, a colossi come Gap ed H&M.

In tutto oltre 150 marchi, per una rassegna che causa coronavirus rischiava di andare k.o. e che invece, dopo aver annunciato in un primo momento che avrebbe dato forfait, ha invertito la rotta, decidendo di puntare al 100% sull’online.

Per farlo si è appoggiata alle piattaforme Tmall e Taobao e relative app, dove anziché otto giorni di sfilate fisiche ne sono andati in scena sette, al servizio di un’audience senza confini e con un calendario apparentemente simile a quelli tradizionali, anche se in realtà la possibilità offerta alle label di gestire il proprio spazio orario come meglio credessero ha reso tutto molto meno scontato: c’è chi, per esempio, ha colto l’occasione per spiegare in modo approfondito il proprio modello di business, andando oltre alla mera presentazione dei capi, chi ha creato brevi video e chi ha messo in vendita direttamente i modelli, con un’impostazione stile home-shopping.

Il risultato, secondo alcuni dati forniti da Tmall e ripresi all’interno di un lungo articolo del Financial Times, è stato al di là delle aspettative: sono stati 2,5 milioni coloro che hanno assistito alle prime tre ore degli show, con brand mid-market come Zuczug, il cui incremento di vendite durante gli eventi in streaming è stato del 13%.

Può essere prevedibile che le realtà più grandi e note abbiano fatto incetta di visualizzazioni ma, come riporta FT, anche i piccoli designer hanno avuto il loro posto al sole, con un’audience da 20mila a 40mila persone: per fare un confronto, il quotidiano cita l’affluenza media a un live show del marchio Yutong Jiang, mai al di sopra delle 350 persone.

Non tutto però è filato liscio: gli intoppi tecnici hanno rallentato il ritmo di tanto in tanto e la risoluzione di parecchi video era troppo bassa per far cogliere appieno le caratteristiche dei tessuti e altri dettagli.

Ida Peterson, buying director di Browns a Londra, ha fissato appuntamenti virtuali nelle showroom cinesi ma ha ammesso che la ricerca di nuovi talenti con questo format non è riuscita.

Gli organizzatori, del resto, hanno dovuto reinventare la rassegna in un’ottica nuova, utilizzandola come vetrina per incrementare la brand awareness e come leva per far ripartire gli acquisti in Cina dopo il lungo lockdown, che secondo Boston Consulting Group ha provocato nel mese di febbraio una riduzione dell’85% delle vendite di fashion & luxury.

Certo è che la Shanghai Fashion Week ha fatto scuola: la Fashion Week Russia di Mosca ha usato un format analogo, il 4-5 aprile scorsi, portando però alla ribalta un numero decisamente inferiore di griffe (una trentina, contro le usuali 60) e affidandosi a video pre-registrati sul sito di e-commerce Aizel.ru, ma non solo. Anche i portali di Harper’s Bazaar Russia e Vogue Italia hanno fatto da cassa di risonanza alla manifestazione, che ha concesso la partecipazione gratuita ai designer: i costi, infatti, sono stati sostenuti dal Russian Fashion Council, come ha precisato il presidente Alexander Schumsky.

Intanto, anche se la data sembra ancora lontana, ci si interroga sulle kermesse di settembre tra cui quella milanese, durante la quale giocoforza i riflettori si accenderanno sia sulla donna che sull’uomo, abitualmente collocato a giugno.

Sicuramente la componente digitale sarà più forte e questo, come fa notare il Financial Times, non creerà probabilmente problemi a griffe dalle spalle larghe, come Gucci, in grado di fornire ai suoi follower, e anche agli addetti ai lavori, esperienze altamente immersive già in tempi non sospetti.

Chi si troverà in difficoltà saranno con ogni probabilità i nomi meno altisonanti, che non posseggono grandi budget e un’altrettanto grande notorietà.

Peterson di Brown’s, che viaggia in media per 10 mesi l’anno per visionare le collezioni da una parte all’altra del pianeta, si dice convinta che replicare online le fashion week in tutto e per tutto sarà impossibile, ma ammette che la svolta digitale presenta vari vantaggi, a partire dal ridotto impatto ambientale derivate dalla riduzione degli spostamenti. 
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    Redazione
   (15/04/2020)

 

 

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