Di tanto in tanto sui media si riprende la discussione sulla costruzione del Ponte sullo Stretto, probabilmente, deve avere nel suo Dna una malattia perenne, incancrenita, la meridionalità.
di Michele Luongo
Ponte sullo stretto. Di tanto in tanto sui media si riprende la discussione sulla costruzione del ponte sullo stretto, probabilmente, deve avere nel suo Dna una malattia perenne, incancrenita, la meridionalità.
Il tempo sembra scandire da continue lamentele che poi gira e rigira sono sempre le stesse: lo sperpero dei soldi, il Nord, la Cassa del Mezzogiorno, i politici, le imprese, voci che il più delle volte si disperdono nel vuoto.
Viene da domandarsi, a questo punto, se quelle lamentele siano animate da altri interessi, cioè il lasciare il tutto com’è, per evitare una crescita socio – culturale – economica e politica. Uno Status quo, che fa molto, ma molto comodo al potere di quella regione da qualsiasi angolo lo si vede.
Sono innumerevoli le opere pubbliche inutili, o peggio ancora abbandonate nell’incuria o mai terminate, uno sperpero di miliardi che avviene sotto gli occhi di tutti . Forse di là dalle lamentele, bisognerebbe incominciare a porre delle domande e pretendere delle risposte certe, trasparenti e comunque avere una cultura del costruire, i politici hanno i mezzi legislativi e le capacità per farlo.
E adesso cosa si fa, dopo tutto quei soldi spesi per la progettazione, quel Ponte sullo stretto diviene solo un’icona. Ci vuole riflessione, non raggiri, altrove si realizzano ponti dappertutto vedesi ad esempio il ponte di Ponte di Akashi Kaikyō in Giappone, Xihoumen Bridge in Cina, o lo Storebæltsbroen in Danimarca, solo per citarne alcuni, opere che mettono in circolazione il capitale, turismo, creano mercato, lavoro, quindi benessere.
Al Sud, si mortifica il mercato, la ricerca, gli investimenti, si umiliano i giovani, ed ancora oggi si è costretti all’emigrazione…
di Michele Luongo ©Riproduzione riservata
(02/05/2009)
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