Ruah, ispirazione, una forza imprevedibile

Ruah di Davide Zizza, la poesia che dall’animo del poeta parte per illuminare non solo tutto ciò che lo circonda ma anche il suo mondo interiore

Redazione

 

Ruah, ispirazione, una forza imprevedibileLa “ruah” è una parola ebraica che mi ha sempre affascinata soprattutto perché, pur essendo tradotta in italiano con “soffio”, “vento”, “respiro” e “spirito”, come ben spiega anche Enrico Testa nella prefazione al libro di poesie di Davide Zizza che si intitola proprio “Ruah” (Ensamble Edizioni, 2016) è di genere femminile e dunque a mio avviso più vicina alla nostra “ispirazione” perché la ruah è qualcosa che si muove e a sua volta ha la forza di mettere in movimento: una forza imprevedibile, dalla cui presenza e azione scaturisce la vita.

Nel libro di Davide Zizza, in effetti, c’è molto respiro, molta i(n)spirazione perché il poeta sembra proprio immettere aria nella sua scrittura per poi espirarla lentamente in modo che possa depositare il suo vissuto nella pagina. Vissuto che appare qui, oserei dire, quasi “disincarnato”, le poesie di questo libro, infatti, vivono di atmosfere sospese, rarefatte, dove la materia, quando è presente, fa risaltare ancora di più il vuoto vibrante di suoni e di parole che la contiene e la sostiene. Sembra in effetti sia proprio la materia ad essere sostenuta da quell’invisibile che i poeti cercano di rendere visibile attraverso le parole. E in qualche modo è la poesia la protagonista di questo libro, la poesia che dall’animo del poeta parte per illuminare non solo tutto ciò che lo circonda ma anche il suo mondo interiore. In tal modo dalla felice combustione tra realtà, sguardo e parola nascono questi versi in cui vita e poesia sono strettamente legate: “Le parole vengono dalla vita./La vita suscita il suo senso attraverso la poesia”.

Le cose sono lì, presenti, evidenti eppure lontane, confuse, ingrigite dalla polvere della nostra disattenzione finché arriva il poeta e ci soffia sopra (la ruah!) ed ecco che esse risplendono della loro vera luce. In questo sta la preziosità della poesia. Nel suo amare le piccole cose quotidiane e nel farle parlare al nostro cuore, per raccontarci di quel mondo sommerso e sommesso che amplia e illumina il nostro se la stiamo ad ascoltare. In un’altra poesia Davide Zizza dice: “scrivo i sinonimi del silenzio”, verso molto bello e vero perché le parole, come scrivo in un mio testo ( mi si perdoni l’autocitazione che significa semplicemente che quando si decide di scrivere di un altro poeta lo si fa per certe “affinità elettive”) le parole hanno un corpo gonfio di silenzio, un silenzio vivo, prezioso che fa silenzio in noi così da poter accogliere pienamente la parola poetica. La poesia, dunque, come evento e come avvento di ciò che non c’era ma era at-teso, teso verso l’accoglienza nel suo doppio movimento di accogliere ed essere accolto. E c’è aria di attesa nel libro di Zizza, là dove ad aleggiare sulle acque della creazione è sì lo spirito, la “ruah”, ma accompagnato dalla musica altro tema pregnante di queste poesie.

La musica, questa voce dell’aria, è presente in molte poesie di questo libro a sottolineare lo stretto legame che essa ha con la poesia e con il mondo interiore del poeta e il suo continuo dialogo con la quotidianità spesso fonte di epifanie improvvise e struggenti. (  https://viadellebelledonne.wordpress.com  )

 

    Redazione
 (27/03/2017)

 

 

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