“Miserere nostri”, il più drammatico, che ha come tema il sacrificio, il dolore di chi ha “sopportato l’insopportabile”. Leggendo la poesia di Antonella Monti, solare e notturna, gioiosa e ferita, esultante e in lacrime.
di Giuseppe Conte
“Ciò che sono è un mistero”. Nell’ultimo verso di una bellissima poesia del suo libro, scrive così di sé Antonella Monti. E questo sentirsi mistero, contraddizione, slancio, solitudine, verità, finzione , bellezza, desiderio, questa consapevolezza di essere “una sorprendente tragica meraviglia”, è ciò che dà all’autrice l’energia per cercare attraverso la poesia l’essenza della propria vita.
L’autrice sa che il viaggio dentro l’abisso della propria anima è senza confini, senza fondo, e che non basta una vita per compierlo. Eppure si mette in viaggio. Ha un ego robustissimo, capace di movimenti anche rapinosi , un ego raro in questo tempo di minimalismi e di eccessi di prudenza.
La poesia di Antonella Monti è la poesia di una temeraria. Ha coraggio e sensibilità da vendere. Lontana dal tono medio e risaputo, omogeneo , di tanta poesia di oggi, è mitomodernista in una sua versione personalissima, e ha alle spalle il fantasma di un Foscolo classico, guerriero e ruggente, e , in parte inconsapevolmente, quello di Baudelaire, con la sua anima dilaniata, malinconica, nera, e i suoi improvvisi bagliori di luce sensuale.
Invoca, all’inizio del libro, una Guida Celeste, e rompe subito la barriera cartesiana che divide la materia dal pensiero, la carne dallo spirito, ponendo l’anima di questa Guida , che è del Cielo, sui suoi polpastrelli, che sono di carne incisa da spirali primordiali. Intuendo tra una parola e l’altra la musica di torrenti e ruscelli. Allungandosi “ su qualche pensiero” per poter sentire l’odore della vita, il suo caleidoscopico vibrare.
E’ fatta di contraddizioni: lo sa e le rivendica:”In alternanza esulto/e poi piango/e ogni sorriso/e ogni lacrima/è un incanto”. Sa di poter essere diabolica e nera come la notte, rossa come l’inferno. Non ne ha paura. Non teme la propria forza anche distruttiva. Sola sul palco dell’essere, mirabile attrice di se stessa, vi si muove sorseggiando, sbocconcellando, inghiottendo la vita e azzannando all’orizzonte la linea dell’infinito, in cerca di “stupefacenti orgasmi di luce”. Si sente “in fermento”, come un buon vino. E si chiede se invecchiando diventerà un vino ottimo, o per sempre aceto. Ma se anche si avverasse la seconda ipotesi, sarà un aceto “ coraggioso / e ambrato come un topazio”.
Così questa poesia carica di vitalità finisce per dare voce a parole di speranza. Al sorriso. “Voi, che regalate sorrisi, aprite un varco/alla Speranza”. In quel varco, passa il testo che dà il titolo al libro, “Miserere nostri”, il più drammatico, che ha come tema il sacrificio, il dolore di chi ha “sopportato l’insopportabile” nelle inumane trame della Storia, e termina con una richiesta corale di perdono a coloro , i migliori, che sono ormai “nella luce”.
Leggendo la poesia di Antonella Monti, solare e notturna, gioiosa e ferita, esultante e in lacrime, io provo una inesauribile sensazione di energia e di fiducia nella vita. La poesia , in lei, mi sembra tornare quella cosa primordiale e sincera che ci fa vedere in una ortensia “i seni di una balia” e ci riconcilia con la musica metamorfica dell’esistenza quotidiana, e dell’universo. Sentite questi versi, e ditemi se non sono splendenti nella loro metafisica semplice e segreta: “Se potessi essere come sono/ brucerei come un legno di cedro./Arsa in una nuvola di fumo/mi accompagnerei al vento/ a seminare il mio pensiero/che, raccolto nella corolla di un fiore/schiuderei ai giorni.// In corpo evanescente/parlerei al tempo/ sfumerei nei petali caduti/ e turbinanti/ a delineare un sentiero/alla fine sempre lo stesso. / Ciò che sono è un mistero”.
Il mistero della generazione della vita, e della inafferrabile, insondabile verità della poesia.
Antonella Monti “Miserere nostri”, Edizioni LietoColle, Pagine 72 – Euro 13,00
di Giuseppe Conte
(21/10/2015)
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