Competitività delle imprese e mobilità dei laureati italiani. Iniziamo a parlane? Quando si parla di lavoro, imprese e innovazione, ci sono indicatori che non lasciano dubbi interpretativi.
di Paolo Gubitta
Competitività delle imprese e mobilità dei laureati italiani. Iniziamo a parlane? Paolo Gubitta per il suo post di apertura del blog dell’osservatorio “Capitale Umano, Organizzazione e Lavoro” ha scelto di presentare dei dati su competitività delle imprese e mobilità dei giovani, Indicatori quali l’incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione e la mobilità dei laureati italiani per stimolare il dibattito e il ragionamento su questi temi.
Quando si parla di lavoro, imprese e innovazione, ci sono indicatori che non lasciano dubbi interpretativi. Prendiamone un paio.
Il primo è l’incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione e si misura come percentuale di occupati con istruzione universitaria impiegati in professioni intellettuali, scientifiche e di alta specializzazione e nelle professioni tecniche: questo indicatore ci dà una misura della diffusione nelle imprese di attività complesse che richiedono collaboratori ad elevata qualificazione per essere efficacemente svolte.
Il secondo è la mobilità dei laureati italiani (25-39 anni), calcolata come rapporto tra il saldo migratorio (differenza tra iscritti e cancellati per trasferimento di residenza) e i residenti con titolo di studio terziario (laurea, alta formazione artistica e musicale, dottorato): questo indicatore ci dice se un territorio riesce ad attrarre capitale umano qualificato o se, al contrario, assiste all’emorragia delle giovani generazioni che ha contribuito a formare.
Competitività, mobilità, lavoro, imprese. L’ultimo Rapporto BES 2017 – Il benessere equo e sostenibile in Italia ribadisce che il nostro Paese è quasi fanalino di coda su entrambi i fronti:
– incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione (anno 2016) pari a 16,1%, a fronte del 20,9% tedesco, del 24,0% spagnolo e del 25,5% francese; dietro di noi solo Slovacchia e Romania;
– mobilità dei laureati italiani (25-39 anni) con valore negativo, ovvero con una perdita netta di laureati italiani (-4,5 per 1.000), che accentua il trend già rilevato nel 2012 (-2,4 per 1.000) e nel 2015 (-4,2 per 1.000).
Fin qui, è quasi un déjà vu.
Ma se si analizzano le tabelle che mostrano il valore di questi indicatori a livello di regione e area geografica (pp. 180 e 181 del rapporto di ricerca), il BES 2017 ci dice alcune cose quasi inimmaginabili e ben rappresentate nelle precedenti mappe.
Il Nord Est nel suo complesso ha la minore incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione e ha la più elevata mobilità negativa dei laureati rispetto a tutte le altre regioni del Nord Italia. Su entrambi gli indicatori, il Veneto è il peggiore di tutti.
Questi numeri ci inchiodano alla realtà, al di là di tutti i bei ragionamenti sulle imprese Lepri e sulle Top500, sulle imprese Tigre e su quelle Faro, piuttosto che sulle imprese Champions.
Da qui deve partire quel confronto alto e illuminato, che come Osservatorio Capitale umano, Organizzazione e Lavoro di Fondazione Nord Est ci impegniamo a fare, coinvolgendo Università, Business School, Istituzioni, Corpi Intermedi (dalle rappresentanze datoriali a quelle dei lavoratori, passando per le rappresentanze studentesche) e Associazioni impegnate nella promozione dei processi di innovazione. ( http://www.fondazionenordest.net )
di Paolo Gubitta*
(01/10/2018)
Paolo Gubitta, Professore ordinario di Organizzazione aziendale e Family business presso l’Università di Padova
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