Decreto Liquidità insulto al Pmi

Io, imprenditore, dico: il decreto Liquidità non ci serve. Le aziende vanno sostenute con degli indennizzi (non prestiti) che compensino le perdite altrimenti il tessuto economico del Paese rischia di collassare con conseguenze disastrose.
di Marco Narcisi 

Thread sul cosiddetto Decreto Liquidità da un semplice imprenditore: questa misura sbandierata come un grande successo e la sua “potenza di fuoco” rappresentano non solo un insulto per le Pmi, ma anche la dimostrazione di non aver compreso minimamente la situazione.

Il Decreto prevederebbe una garanzia del 90% per le aziende fino a 5000 dipendenti per un importo massimo del 25% del fatturato 2019.

Secondo questa impostazione, le aziende devono indebitarsi per coprire le perdite derivanti da una chiusura decisa dallo Stato. Attenzione, non sto qui discutendo la necessità di chiuderle, ma questo non toglie che sia una misura decisa dallo Stato.

Ma al di là del principio che rappresenta un fulgido esempio di sciacallaggio (questo sì) e irresponsabilità, il merito stesso dei provvedimenti presenta criticità enormi dimostrando di ignorare totalmente alcuni aspetti fondamentali:

1) La maggior parte delle Pmi è già fortemente indebitata per sopravvivere a un decennio di crisi di domanda interna. Quindi molti hanno già esaurito il credito disponibile.

2) La perdita di fatturato rispetto al 2019 potrebbe per molti superare il 30-40%.

3) Prima di tornare a livelli di affari “regolari” (per “regolari” intendiamo quelli del 2019, quindi “sopravvivere”) ci vorrà almeno più di un anno.

4) Per ripagare il finanziamento l’azienda dovrà fatturare per cifre tali da compensare la perdita dei mesi in cui è stata chiusa, più le spese, il che, considerando che non potranno prendere altri finanziamenti per investimenti e la ripresa lenta, è impossibile.

Ciò significa che, non solo le aziende dovranno prendere un prestito a interessi (no, non è a tasso zero come alcuni dicono), ma sarà insufficiente perché: servirebbe molto di più del 25% del fatturato del 2019, difficilmente potranno accedervi e ancora peggio ripagarlo.

A tutto questo si aggiungono tempi e spese di istruttoria che complicano ulteriormente le cose. Inoltre, come ha fatto notare qualcuno, se voi foste una banca, sapendo che un cliente ha già finanziamenti e con una previsione negativa dell’economia, rischiereste il 10%?

Faccio alcuni esempi pratici per chi non ha dimestichezza in materia di imprese (non parlo solo degli utenti…):

Un’azienda fattura mediamente 1 milione. Quest’anno 600 mila. Può prendere un prestito di 250 mila. Per poter ripagare il prestito, questa azienda dovrà fatturare (e incassare, cosa di cui si parla poco) per i prossimi 6 anni almeno una media di 1,1 milione (+10%). Vi sembra plausibile?

Questo considerando i soliti utili da fame, gli interessi del finanziamento, le tasse (anche queste solo differite) e le spese di gestione.

Coloro che pensano “se un’azienda era già in difficoltà è meglio che fallisca” non comprendono che è un problema che li riguarda.

Un’azienda chiusa non produce, non può versare le tasse, non può pagare i dipendenti che a loro volta non potranno pagare tasse e spendere. Quindi, chi pensa di non essere toccato direttamente da questa situazione, temo avrà una brutta sorpresa.

C’è chi vede gli imprenditori come approfittatori che tolgono i soldi alle imprese per metterseli in tasca. Non è così. La maggior parte di loro danno tutto alla loro azienda e molti non hanno preso lo stipendio per mesi per tenere in piedi la baracca.

E la colpa di questa situazione non è delle aziende. La crisi di domanda interna ha la responsabilità politica di coloro che hanno spinto e osannato un sistema che dava all’export il ruolo di ancora di salvezza e un impianto che ci ha devastato perché “così va il mondo”.

Siamo tutti sulla stessa barca. Le aziende vanno sostenute con degli indennizzi (non prestiti) che compensino le perdite, altrimenti il tessuto economico del Paese rischia di collassare con conseguenze disastrose.  (  https://www.startmag.it/  )

 

  di Marco Narcisi
   (09/04/2020)

 

 

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