Giorgio Armani pensa al futuro: chi sono gli imprenditori italiani in corsa per diventare suoi soci. Alcuni anni fa durante un viaggio in Cina per una sfilata a Pechino, diceva che stava pensando a una Fondazione sul suo nome che garantisse la continuità dello stile e della filosofia del brand.
di Eva Desiderio
Pensare al futuro della sua azienda è sempre stato nei pensieri di Giorgio Armani. E non da oggi che ha 86 anni e da 50 guida un gruppo internazionale del lusso che abbraccia non solo tutte le voci della moda ma anche il lifestyle della cosmesi, dei profumi, dell’arredo, dell’hotellerie e perfino del mondo dei fiori e della cioccolata.
Lui è uomo rigoroso, visionario, coraggioso, altruista e generoso nel silenzio, attivissimo in azienda dalla produzione all’ideazione delle collezioni fino all’alta finanza che lo vede da sempre al timone anche della parte economica, distributiva e commerciale. Logico che rifletta sulle sue responsabilità, su quelle che riguardano la sua famiglia alla quale è attaccatissimo, i suoi amati collaboratori, i suoi 8.900 dipendi alcuni dei quali lavorano nelle 8 aziende produttive. Responsabile per formazione ideale e di famiglia Giorgio Armani decide sempre in prima persona, anche se si fa consigliare intelligentemente, ma soprattutto esprime sempre in libertà assoluta le sue idee. Che finora hanno sempre escluso categoricamente qualsiasi partnership o addirittura possibile vendita del suo brand e del suo gruppo. Orgoglioso imperatore del suo Paese della bellezza, uomo solo al comando, indomito, italiano tra gli italiani, famoso presso i miliardari come le persone comuni per la rettitudine, la riservatezza e la generosità. Quest’ultima dote mostrata anche durante questa terribile pandemia con interventi diretti come l’aprire i suoi spazi alle vaccinazioni e le importanti donazioni agli ospedali e per la ricerca.
Alcuni anni fa durante un viaggio in Cina per una sfilata a Pechino, dopo aver tenuto una lezione in una importante università, Armani diceva a chi scrive che stava pensando a una Fondazione sul suo nome che garantisse la continuità dello stile e della filosofia del brand. Poi nel 2016 infatti è nata la Fondazione Giorgio Armani. E sempre lo stilista ha puntato con affetto e stima sui nipoti, Andrea Camerana, Silvana e Roberta Armani e sul collaboratore storico fedele e preparato Leo Dell’Orco come continuatori del suo operato nonché eredi. “I mie nipoti? Hanno già tutto, hanno il mio affetto”, disse Giorgio.
Ora d’improvviso e per una frase breve ma repentina, regalata a Jason Horowitz in una recente intervista a Vogue America con foto di Annie Leibovitz, i giochi si riaprono perché Giorgio Armani parlando della successione ha detto che “si potrebbe pensare a un legame con una importante azienda italiana, non necessariamente un’azienda di moda”. Ed è stato subito boom di news e di illazioni, anche perché il boccone mediatico è molto ghiotto e il protagonista della possibile partnership in salsa made in Italy è lo stilista e l’imprenditore di moda più famoso e importante del mondo.
A 86 anni, dopo una tempesta pandemica che a partire proprio da Armani che per primo ha rinunciato alle sfilate dal vivo e ha richiamato ad un cambio di passo della moda che cominciasse ad abbandonare certi eccessi, il grande stilista è come se riflettesse a voce alta sul da farsi. E forse nulla di più.
Intanto chi scrive ricorda come, quando ancora si sfilava nel Teatrino di via Borgonuovo, incontrò in una saletta davanti dal backstage Bernard Arnault (che ancora non era il magnate di oggi ma solo un uomo già ricchissimo più per gli champagne che per la moda) in attesa di salutare Armani. Fu subito sorpresa e giro di illazioni su una possibile santa alleanza. Mai visto nessuno invece dei grossi calibri di Kering di François-Henri Pinault che pure all’Italia tiene visto che si è comprato Gucci. Poi sono venuti gli anni del caso l’Orèal il colosso che produce e distribuisce nel mondo i profumi strafamosi e stravenduti della maison, e anche i cosmetici buonissimi: quante illazioni, quanti gossip su questi francesi del lusso! Ma anche qui nessun segnale di fumo. Giorgio sempre padrone di se stesso, delle sue idee, delle sue volontà. Adesso la frase per Vogue America fa tornare in ballo la storica e granitica amicizia con Leonardo Del Vecchio e la sua Essilor, che produce gli occhiali del gruppo Armani: uomo tutto d’un pezzo come lui, intrepido ultraottentenne che fa le scarpe al mondo. E se l’importante azienda italiana fosse invece la Exor di John Elkann, se l’alleato fosse la famiglia Agnelli. E poi dopo il recente accordo con Ferrari per vestire il team di Maranello? Soldi e prestigio non mancano e forse neanche la grande ambizione della nuova generazione di imprenditori.
Qualcuno ha parlato della possibilità di veder scendere in pista Remo Ruffini di Moncler e Renzo Rosso di Otb: ma i due appaiono molto lontani dallo stile di vita e di lavoro armaniano. La scelta ancora lontana non guarda però vicino, all’interno del consiglio di amministrazione della Giorgio Armani SpA dove dal luglio scorso siede il fondatore di Yoox-Net-aPorter, Federico Marchetti, chiamato come consigliere indipendente non esecutivo, primo membro al di fuori della famiglia. Il multimilionario che nel 2018 ha venduto tutto a Richemont è stato il primo a portare la moda sul web e lavora da sempre per i siti e l’e-commerce di Armani. In venti anni ha realizzato un sogno impossibile, creare questo impero digitale. Intelligente, intuitivo, riservato, bravo: Federico Marchetti ha una grande esperienza nei beni di lusso.
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di Eva Desiderio
(12/04/2021)
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